Troppo spesso Papa Francesco viene accusato di scarsa sensibilità verso la difesa della vita nascente, impegnato com’è a difendere il valore della dignità dell’uomo quale principio della fratellanza umana, sia esso cristiano o musulmano, europeo o africano, cittadino di “prima classe” o un disperato profugo o migrante. È una sciocchezza questa che può essere avallata soltanto da chi rinuncia a leggere il magistero di Francesco nella sua completezza e a cogliere in esso l’assoluta risonanza del Vangelo declinato sulle sfide che interrogano i cristiani nella realtà dell’oggi.
Già nella Laudato si, spiegando il cuore dell’ecologia integrale che fa da contraltare alla “cultura dello scarto”, le sue parole non lasciavano spazio ad equivoci: «Dal momento che tutto è in relazione, non è neppure compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto. Non appare praticabile un cammino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli che ci circondano, che a volte sono molesti o importuni, quando non si dà protezione a un embrione umano benché il suo arrivo sia causa di disagi e difficoltà: ”Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono”» (LS 120).
Ciascuno di noi non può non ricordare quando nel corso dell’udienza del 10 ottobre 2018, a commento del comandamento del “non uccidere”, il Papa ha usato parole durissime contro questa cultura dello scarto che attacca proprio la vita più debole e indifesa: «Un approccio contraddittorio consente anche la soppressione della vita umana nel grembo materno in nome della salvaguardia di altri diritti. Ma come può essere terapeutico, civile, o semplicemente umano un atto che sopprime la vita innocente e inerme nel suo sbocciare? Io vi domando: è giusto “fare fuori” una vita umana per risolvere un problema? È giusto affittare un sicario per risolvere un problema? Non si può, non è giusto “fare fuori” un essere umano, benché piccolo, per risolvere un problema. È come affittare un sicario per risolvere un problema». È quanto il Santo Padre ha di recente ribadito per denunciare le politiche pro-abortiste che sono state avallate anche nella sua Argentina.
«Da dove viene tutto ciò? – si chiedeva ancora Papa Francesco – La violenza e il rifiuto della vita da dove nascono in fondo? Dalla paura. L’accoglienza dell’altro, infatti, è una sfida all’individualismo».
Tutto è connesso! «Quando non si riconosce nella realtà stessa l’importanza di un povero, di un embrione umano, di una persona con disabilità – per fare solo alcuni esempi –, difficilmente si sapranno ascoltare le grida della natura stessa» (LS 117).
Santa Madre Teresa di Calcutta definiva i bambini concepiti gli ultimi tra gli ultimi. L’ecologia integrale ci chiama a dare dignità umana a tutti gli ultimi; tutti hanno bisogno di protezione.
È questo l’humus su cui Francesco radica anche la riflessione offerta con la Fratelli tutti, proprio perché nella cultura dello scarto «le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se “non servono ancora” – come i nascituri –, o “non servono più” – come gli anziani» (FT 18). Tutto è connesso!
È per questo che nella nostra società sembra necessario, anche tra i cristiani, fare una scelta, una selezione su “quale vita difendere”. Non è così per il Papa che denuncia come «oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani» (FT 19).
Quello che non si perdona a Francesco è il fatto di metterci di fronte alla “cruda realtà” del Vangelo, perché «questo scarto si manifesta in molti modi», dalla riduzione dei costi del lavoro, al razzismo (FT 20), alle diseguaglianze, alla povertà tollerata di alcuni popoli per giustificare la ricchezza di altri (FT 21), o ancora alla discriminazione femminile (FT 23), alle vecchie e nuove forme di schiavitù (FT 24). Tutto è connesso!
Sono queste le moderne forme di schiavitù che troppo spesso si ammantano dell’effigie di finte libertà, ma invece la questione è sempre la stessa: «oggi come ieri, alla radice della schiavitù si trova una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto» (FT 24). Questo vale per gli adulti, gli anziani, i minori, i figli ancora nel grembo materno. Papa Francesco, come del resto i suoi immediati predecessori espressamente richiamati in questi passaggi dell’Enciclica, non fa distinzioni.
È evidente, quindi, che il Papa ci chiami ad un cambio di passo, ad uscire – anche come cristiani – dalle nostre comfort zone e accogliere il senso della complessità del mondo che ci circonda e ci interroga, chiamandoci a farci testimoni credibili della verità del Vangelo. Tutto è connesso!
Per coglierne il senso ci possono essere da aiuto i principi che Papa Francesco ha voluto affidare alla Chiesa sin dal suo “manifesto programmatico”, l’Evangelii gaudium. La vita umana inizia con la fecondazione dell’ovulo e l’annidamento nell’utero, non dopo quattro, sei o diciotto settimane e neanche con il primo vagito extra-uterino, affermarlo è ideologia che contrasta con i dati della scienza e della biologia: “la realtà deve prevalere sull’idea” (EG 231:233). Del resto la vita umana è un processo dinamico nel quale “il tempo è superiore allo spazio” (EG 222:225); non ha alcun senso ostinarsi a fare una fotografia di un momento per avvalorare le proprie concezione ideologiche piuttosto che riconoscere invece il dato oggettivo: la vita umana è tale sia se è avviato il suo cammino di formazione sia se si perdono le capacità produttive, sia se si nasce in Europa o on Nord America sia se si nasce in Africa o in Medio Oriente, sia se si nasce (o si diventa) poveri sia se si nasce (o si diventa) ricchi. Se siamo fratelli tutti, siamo fratelli sempre, a prescindere dallo stadio o dalle condizioni della nostra esistenza. Infatti “la totalità (dell’umanità) è superiore alle parti” (EG 234:238), ostinarsi a voler difendere solo alcune forme di vita anziché altre (i migranti o gli embrioni, i poveri o i ricchi, le persone produttive o i disabili) è, anche qui, pura ideologia che nulla ha a che fare con l’essere “umani”.
Riconoscere la sacralità della vita umana, sempre, senza se e senza ma, senza derive relativistiche che spingono a circostanziarne l’essenza disconoscendone la verità assoluta e universale, è questo che dovremmo imparare anche noi cristiani: “l’unità (della Verità) deve prevalere sul conflitto (delle opinioni)” (EG 226:230).
Se non si coglie al tempo stesso la complessità e la coerenza del pensiero di Francesco, è difficile capire dove soffia lo Spirito che guida la Chiesa di Cristo.
Ciò vale anche per la difesa della sacralità della vita, che è sacra, appunto, dal suo concepimento alla sua fine naturale.
Dall’inizio alla sua fine; e anche durante…
Durante e anche all’inizio o alla sua fine…
La vita è la vita, sempre. E va sempre difesa. È il Vangelo di Cristo che Francesco declina, per aiutarci a leggere il mondo in cui siamo chiamati a vivere e a riconoscerci suoi Fratelli, Fratelli tutti.
(c) Vito Rizzo 2021
(articolo pubblicato sulla rivista Punto Famiglia – www.puntofamiglia.net)
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