Inutile negarlo. L’insediamento del primo presidente del consiglio donna nella storia repubblicana è un segnale importante che si dà all’intero Paese. Di certo il mondo pro life non può che trovarne motivo di sollievo rispetto all’assalto che da decenni viene portato avanti dalle frange lobbiste del “pensiero unico”. Al di là del fatto se Giorgia Meloni sia ritenuta simpatica o meno, se la si sia votata o meno, se ci si identifichi culturalmente con la destra, il centro o la sinistra. Per chi difende il diritto alla vita nascente è di certo un presidente “garante”. Difficile pensare che nel breve e medio periodo possano venire dal Governo o dalla maggioranza che lo esprime attacchi frontali alla vita nascente, alla famiglia, alla tutela delle donne, alla banalizzazione della interruzione volontaria della gravidanza come quelle a cui abbiamo assistito negli ultimi lustri. Sono ben altri i fronti aperti su cui il mondo cattolico sarà chiamato a vigilare. Attenzione ai poveri, ai migranti, alle discriminazioni personali e territoriali, ma di certo sulla vita nascente le idee sono largamente condivise e forse proprio su queste si è registrato un surplus di consenso. Un mandato elettorale che sul tema registra un “paese reale” molto più consapevole della triste e abituale propaganda “a reti unificate”.
Il pericolo però è dietro l’angolo e i segnali ci sono tutti già dalle prime battute di questa nuova legislatura. Il rischio è quello della polarizzazione culturale e ideologica: proprio perché sarà difficile per il mondo abortista promuovere provvedimenti normativi e direttive ministeriali ispirate al principio del laissez faire si punterà ad accrescere la grancassa mediatica volta a condizionare le coscienze. Vediamo cosa sta accadendo da anni nel nostro Paese (in verità in tutto il mondo occidentale): inculcare nel dibattito pubblico l’imposizione di alcune “verità incontestabili” quali l’equipollenza tra femminismo e diritto all’aborto, tra “diritti civili” (“diritti umani” addirittura) e la libertà di disporre del concepito, i percorsi di accompagnamento alla scelta pro vita tacciati come “attentati alla 194”. Sull’ultimo punto basterebbe chiamare la legge non con il suo numero ma con il suo nome (“Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”) per capire che quella mediazione complessa aveva tutt’altra ratio rispetto alla deresponsabilizzazione totale nei confronti della vita del concepito.
Non viene a nessuno il dubbio che se lo Stato rinuncia ad accompagnare economicamente, psicologicamente, socialmente, la donna e le famiglie nell’accoglimento della vita nascente, di fatto si favorisce quella deriva di denatalità che sta portando all’impoverimento non solo umano ma anche economico e sociale del nostro Paese?
Tutti gli opinion leader a “scandalizzarsi” per l’aggiunta al titolo del Ministero della Famiglia e delle Pari Opportunità anche della delega alla Natalità. Ma affermare “ufficialmente” l’esistenza di una urgenza reale è probabilmente il primo passo (speriamo non il solo) perché se ne prenda coscienza a livello collettivo.
Ma si diceva del rischio. Il rischio è che il Governo faccia di questi temi degli strumenti identitari (di una parte politica) e di propaganda (a fini elettoralistici). Non è questo quello che chiedono i tanti che hanno voluto sottolineare con il voto la propria alterità rispetto all’imposizione ideologica del pensiero unico. Tanti storici elettori anche del centro e della sinistra non si sono più sentiti rappresentati da quel laissez faire “etico” che è diventata l’unica matrice culturale capace di fare da collante di frange sempre più caratterizzate da un vuoto identitario. Rinunciare a governare i processi a favore della propaganda ideologica è l’errore commesso dai governi precedenti e che sarebbe grave, mutatis mutandis, ripetere.
Un’autentica politica per la natalità passa da una rivoluzione culturale che non sia “imposta” ma “lasciata crescere”. Sarebbe sbagliato voler dettare un’agenda ideologica, di segno opposto ma di egual vigore, per marcare una differenza identitaria. La vera sfida per Giorgia Meloni è quella di offrire al parlamento e al Paese una piattaforma alternativa di discussione su temi così delicati. Non parlare di famiglia tradizionale ma mettere al centro politiche socio-economiche che sappiano rispondere concretamente alle esigenze delle famiglie. Non criminalizzare l’aborto ma promuovere la piena valorizzazione di quella larga parte della 194 che promuove la vita e prevede il radicamento di iniziative idonee a scongiurare il ricorso alla pratica abortiva. Promuovere il diritto alla salute e la tutela delle giovani donne, mettendo al primo posto il sostegno sanitario, fisico e psicologico in luogo della liberalizzazione dell’aborto chimico con la somministrazione domestica e senza controllo della RU-486. La vera libertà nasce e cresce nella verità. Sconfessare la propaganda libertaria è possibile solo se si tiene basso il livello dello scontro ideologico lasciando che a prevalere sia la bellezza della vita. Non sarà un lavoro facile trovare i giusti equilibri e le migliori soluzioni ma è questo il compito che dovrà assolvere la prima donna chiamata alla guida di questo Paese.
(c) Vito Rizzo 2022
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