Il dramma dello spopolamento dei piccoli Comuni è qualcosa che va affrontato con una diversa
consapevolezza e con strategia di prossimità che non costringano ad abbandonare i territori mettendo a
rischio la stessa sopravvivenza delle nostre periferie. Accogliendo a inizio anno l’Associazione ASMEL, che
raggruppa migliaia di Comuni su tutto il territorio nazionale, Papa Francesco ha posto in evidenza come le
politiche di tagli ai fondi destinati alle periferie, la chiusura degli ospedali, scuole e uffici soltanto perché
con costi “pro capite” più alti risponde proprio a quella logica che nella Enciclica Laudato si’ ha definito
“cultura dello scarto”. Ne è un esempio, da ultimo, la cosiddetta “autonomia differenziata”. Papa Francesco
rileva che «alla radice di questi divari c’è il fatto che risulta troppo dispendioso offrire a questi territori la
stessa dotazione di risorse delle altre aree del Paese. Vediamo qui un esempio concreto di cultura dello
scarto: “tutto ciò che non serve al profitto viene scartato”. Si innesca così un giro vizioso: la mancanza di
opportunità spinge spesso la parte più intraprendente della popolazione ad andarsene e questo rende i
territori marginali sempre meno interessanti, sempre più abbandonati a sé stessi. A restare sono
soprattutto gli anziani e coloro che più faticano a trovare alternative. Di conseguenza, cresce in questi
territori il bisogno di Stato sociale, mentre diminuiscono le risorse per darvi risposta».
Pensiamo quanto di questa politica miope incide anche sulle parrocchie che restano tra i pochi presidi di
prossimità, in grado di ascoltare le esigenze degli ultimi e provarvi a porvi rimedio. Da questo punto di vista,
infatti, andrebbe sfatata un’altra narrazione che spesso viene veicolata dai media: il finanziamento dello
Stato alla Chiesa o i “privilegi” sull’IMU.
Numeri alla mano, (si veda il sempre attuale saggio di G.Rusconi, L’impegno, Rubbettino 2013), la cifra che
ogni anno la Chiesa utilizza per il sostegno agli indigenti è di 275 milioni, a fronte di 100 milioni risparmiati
sulle tasse… Che succederebbe se la Chiesa non ci fosse? Lo Stato spenderebbe tre o quattro volte tanto
per coprire i drammi sociali e la povertà che caratterizzano le diverse realtà territoriali sia nei grandi centri
urbani che nei piccoli Comuni di montagna, sia al Nord che al Centro che al Sud…
Quanto ai fondi dell’8 per mille (in continuo calo) la Chiesa a fronte del miliardo di euro che riceve(va) dai
contribuenti italiani ne spende molti, molti di più per garantire beni e servizi ai più fragili e dimenticati: 260
milioni per spese dirette di assistenza sociale, 650 milioni annui per il Banco alimentare, 800 milioni per le
comunità ecclesiali di recupero per tossicodipendenti, 1,2 milioni di euro l’anno per la lotta contro l’usura
(1,2 milioni di euro l’anno), fondi straordinari per eventi calamitosi ecc..
Il quadro è chiaro, la Chiesa Cattolica rappresenta un elemento essenziale per la tenuta del sistema sociale
di questo Paese; probabilmente è lo Stato non fa pienamente la propria parte.
Come sottolinea il Papa, infatti, bisognerebbe anche imparare a leggere il territorio con una diversa
consapevolezza: «è nelle aree interne, marginali, che si trova la maggior parte del patrimonio naturale
(foreste, aree protette, e così via): sono dunque di importanza strategica in termini ambientali. Ma lo
spopolamento progressivo rende più difficile la cura del territorio, che da sempre gli abitanti di queste zone
hanno portato avanti. I territori abbandonati diventano più fragili, e il loro dissesto diventa causa di
calamità e di emergenze, specie oggi con gli eventi estremi sempre più frequenti: ad esempio piogge
torrenziali, inondazioni, frane; siccità e incendi; tempeste di vento e così via. Guardando questi territori,
abbiamo conferma del fatto che ascoltare il grido della terra significa ascoltare il grido dei poveri e degli
scartati, e viceversa: nella fragilità delle persone e dell’ambiente riconosciamo che tutto è connesso – tutto
è connesso! –, che la ricerca di soluzioni richiede di leggere insieme fenomeni che spesso sono pensati
come separati. Tutto è connesso». Quando lo capiremo tutti?
(c) Vito Rizzo 2024
[Articolo pubblicato sul quotidiano Le Cronache di Salerno del 17 marzo 2024]
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