DALL’OSANNA AL CRUCIFIGE!

La liturgia della Domenica delle Palme è quanto di più (apparentemente) contradditorio ci presenta il
cammino quaresimale. La folla festante accoglie Gesù a Gerusalemme tra rami di palme e di ulivo, ma poi il
Vangelo ci racconta cosa accade a distanza di pochi giorni: è la stessa folla di Gerusalemme (o forse non
proprio la stessa) a condannarlo a morte. Proprio la contraddizione dell’umore del popolo ci apre all’ultima
settimana prima del Triduo Pasquale. In fondo è l’umore populista che caratterizza in ogni tempo e in ogni
epoca le scelte dettate dai potenti… Il popolo sa ma non si fida più d sé stesso, di quello che ha visto, di cui
ha fatto esperienza, e si lascia condizionare. Sceglie la via più breve, quella di Barabba e rinuncia a salvare
chi intende davvero liberarlo. Quanta distanza c’è tra l’umore dell’ingresso a Gerusalemme e quello della
condanna di Gesù. Il Vangelo di Marco, che accompagna la Liturgia di quest’anno, ce lo descrive in maniera
puntuale.
Domenica delle Palme: «Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra.
Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che
precedevano e quelli che seguivano, gridavano: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!”.
Venerdì Santo: «A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un
tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un
omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose
loro: “Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?”. Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo
avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse
in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: “Che cosa volete dunque che io faccia di quello che
voi chiamate il re dei Giudei?”. Ed essi di nuovo gridarono: “Crocifiggilo!”. Pilato diceva loro: “Che male ha
fatto?”. Ma essi gridarono più forte: “Crocifiggilo!”. Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in
libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso».
Dall’Osanna al “Crucifige!” è un attimo…
La complessità di questa domenica invita a riflettere un po’ di più su questo paradosso: si entra sorridenti in
Chiesa e ci si scambia un ramoscello d’ulivo in segno di pace, si ascolta durante la celebrazione eucaristica il
racconto della Passione di Cristo e, una volta usciti dalla Chiesa, ci si torna a scambiare un ramoscello
d’ulivo in segno di pace… Nel frattempo abbiamo lasciato Gesù nel suo Venerdì Santo, quasi che, come la
folla, non ci si senta responsabili del suo sacrificio. Magari ci si scambia sì un ramoscello d’ulivo, ma con la
rabbia nel cuore. È quello che accade non soltanto nei diversi angoli del mondo toccati dai conflitti ma
anche nel quotidiano della vita di ciascuno. Ritorna alla memoria quel richiamo che Papa Francesco ha
rivolto qualche anno fa proprio ai credenti: «C’è gente che è capace di tessere preghiere atee, senza Dio e
lo fanno per essere ammirati dagli uomini. E quante volte noi vediamo lo scandalo di quelle persone che
vanno in chiesa e stanno lì tutta la giornata o vanno tutti i giorni e poi vivono odiando gli altri o parlando
male della gente. Questo è uno scandalo! Meglio non andare in chiesa: vivi così, come fossi ateo. Ma se tu
vai in chiesa, vivi come figlio, come fratello e dà una vera testimonianza, non una contro-testimonianza».

Al di là delle forzature fake che girano sui social ecco il testo integrale di quell’Udienza del 2 gennaio 2019.
Non è meglio non andare in Chiesa, non è meglio vivere da atei, ma alle volte anche chi va in Chiesa si
comporta come se lo fosse. Come ci ricorda il Papa questa Domenica delle Palme serve a ricordare a
ciascuno, forse un po’ di più, in quale “folla” e da che parte stare.

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