È iniziato un nuovo anno scolastico ed è opportuno riservare una particolare attenzione non soltanto alle discipline tradizionali ma anche al ruolo che ancora oggi riveste nella formazione l’insegnamento della religione cattolica. Un insegnamento che non è – come spesso si lascia intendere – un’ora di catechismo, ma l’occasione di recuperare per i bambini e gli adolescenti quel senso religioso che è parte fondativa della crescita umana. Soprattutto nelle classi del secondo ciclo (medie e superiori) si tratta, come ricordava una nota della CEI di qualche anno fa, di dare «l’opportunità di assimilare una conoscenza qualificata del patrimonio di cultura che il cattolicesimo italiano consegna anche alle nuove generazioni».
L’insegnamento della religione nella sua valenza culturale diventa l’occasione per sottolineare la legittimità della dimensione religiosa nello spazio pubblico, assumendo strumenti adeguati a vivere e abitare una società sempre più multietnica, con la capacità di accrescere la conoscenza delle religioni e delle culture diverse da quella cristiana e cattolica, allo scopo di favorire, a partire dalla scuola, i processi di incontro, di dialogo e di integrazione.
Si ha bisogno di riscoprire le radici dell’essere in relazione, di camminare con l’altro, di riconoscere l’altro per capire meglio anche sé stessi: sono tutti elementi di una crescita umana della quale la scuola deve sapersi far carico. Ecco la ragione per cui sarebbe importante che anche all’interno del corpo docente si riuscisse a riconoscere l’importanza di questa disciplina proprio per le peculiarità che le sono proprie. Troppe volte gli insegnanti di religione vengono percepiti come un addendum, come docenti di serie B, sebbene il loro ruolo sia ciò di quanto più permeato di quella intelligenza emotiva della quale ci si ricorda soltanto quando emerge qualche fatto di cronaca nera che coinvolge i ragazzi.
È pertanto fondamentale, da parte degli insegnanti di religione non abdicare al proprio ruolo e non lasciare che le difficoltà o i pregiudizi smorzino l’entusiasmo, la passione e le motivazioni: «In una fase estremamente fluida della vita sociale dal punto di vista etico e valoriale, una identità definita – ma non per questo rigida e chiusa – è una chance in più soprattutto per gli studenti, i quali hanno bisogno di esempi concreti e di figure di riferimento animate da coerenza, convinzioni profonde e forti motivazioni interiori». L’insegnamento è una missione, ancora di più se animato da una fede genuina, coerente e appassionata. Di qui l’importanza di vivere ogni giorno nell’aula scolastica come un tempo opportuno, decisivo, che può segnare la vita, oltre che insegnare delle nozioni. Di qui l’appello dei Vescovi a tutti gli insegnanti di religione: «Il vostro è un servizio di eccelso e ineguagliabile valore al futuro dell’umano e della fede in loro, e perciò della società e della Chiesa. Siamo convinti che non mancate di avvertire che ne va della vostra stessa vita: la luce che si accende nei vostri studenti si riverbera nella mente e nel cuore di ciascuno di voi illuminandoli di nuovo splendore, lo splendore della vostra umanità, della vostra fede e del senso di Chiesa che testimoniate con il servizio assiduo dell’insegnamento. Abbiate cura delle persone che vi sono affidate, facendo sentire loro che le avete a cuore, che per voi contano e che non desiderate altro per loro se non la riuscita dei loro buoni progetti e dei loro sogni. Non pensate mai, nemmeno nei momenti di maggiore fatica o delusione, che il vostro lavoro sia inutile o sprecato, ma trovate sempre, nella fede che vi anima, la risorsa che ristora in ogni stanchezza e rigenera nuove energie. Non dimenticate che la comunità ecclesiale – e in primo luogo noi Vescovi – conta su di voi, vi accompagna e vi sostiene in un cammino che rende piena la vostra vita, spesa per il bene delle persone che vi sono affidate perché crescano in istruzione ma anche in più ricca umanità».
(c) Vito Rizzo 2024
[Articolo pubblicato sul quotidiano Le Cronache di Salerno del 15 settembre 2024]
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