NON FERMIAMOCI AD HALLOWEEN

In questi giorni abbiamo vissuto giornate (e serate) quasi di scontro ideologico tra i sostenitori di Halloween (31 ottobre) e quelli del recupero del valore delle feste cristiane di Ognissanti e della Commemorazione dei defunti (rispettivamente 1 e 2 novembre). C’è chi si è schierato per una profonda contrapposizione e chi invece ha puntato a sminuire i caratteri “pagani” di una festa commerciale semplicemente perché le radici storiche della festa della zucca sono – o potrebbero essere – proprio cristiane. La verità – probabilmente – non sta né da una parte né da un’altra. È qualcosa di un po’ più complesso dello scontro tra tifoserie. Andiamo con ordine: le origini della festività sono legate a quella di Ognissanti, introdotta nel VII secolo, ma, essendo il cristianesimo una religione profondamente inculturata, rimanda nelle forme anche ad alcuni riti delle popolazioni celtiche, su tutti il Festival del Samhain, che rappresentava l’inizio del nuovo anno e la fine dell’estate, (nonché l’incontro tra il mondo dei vivi e quello dei morti).

Halloween infatti non nasce negli Stati Uniti ma in Irlanda ed è stata portata in Nord America dagli immigrati europei nell’Ottocento, lì si è diffusa ed ha assunto la forma laica e commerciale che conosciamo oggi.

È stato del resto proprio il processo di inculturazione del cristianesimo che portò nell’VIII secolo a spostare il Giorno dei santi da maggio al 1° novembre. Tra i fedeli si diffuse così l’abitudine di vegliare la notte precedente, in attesa della giornata di festa, come già avveniva nelle vigilie di Natale e Pasqua e che trova il suo fondamento nella giornata ebraica che inizia dal tramonto del giorno precedente e finisce al tramonto del giorno successivo. È con l’imbrunire che si entra nel nuovo giorno…

Nei secoli X-XI si affermò un nuovo culto, quello della commemorazione di tutti i defunti, non solo martiri e santi, e si stabilì di celebrarlo il 2 novembre, giorno successivo a quello di Ognissanti. In tal modo si creò una celebrazione “tripartita” che includeva la Vigilia, Ognissanti e il Giorno dei morti. Si sono così diffuse man mano anche diverse manifestazioni devozionali: sin dal XV secolo, per esempio, in Inghilterra e in alcuni altri Paesi si affermò la tradizione di preparare le soul cakes, torte delle anime, da offrire ai bambini poveri che bussavano alle abitazioni per chiedere un dolce in cambio di una preghiera per i defunti. Ecco perché quindi, in stretta continuità, una delle tradizioni più note di Halloween coinvolge i bambini che bussano alle abitazioni e pronunciano la frase “dolcetto o scherzetto?” (trick or treat).

Ecco che allora la stessa parola “Halloween” nasce chiaramente dalla contrazione di All Hallows’ Eve, letteralmente “Vigilia (del giorno) di tutti i santi”: il 31 ottobre, appunto. È un entrare nella morte, tanto che è tradizione esporre zucche intagliate (“Jack o’lantern”) e vestirsi con costumi che richiamano scheletri, fantasmi e oggi, sempre di più, personaggi spaventosi. Il problema quindi di Halloween non è ostentare la morte, ma fermarsi lì, non entrare nella risurrezione. È come fermarsi al Venerdì santo, lasciando Gesù sulla croce e non vivere invece la pienezza del Mistero pasquale che è data dalla Passione, Morte e Risurrezione.

Non c’è risurrezione senza croce, ma per un cristiano non può esserci nemmeno croce senza la speranza/certezza della risurrezione. Quello che andrebbe quindi insegnato ai bambini non è necessariamente rinunciare alla “festa della paura”, ma fargli scoprire la bellezza di una paura che viene vinta dal coraggio del dono di Cristo.

Non c’è nulla di “satanico” in una festa goliardica che prepara a ricordarsi della comunione dei Santi e, il giorno dopo, a ricordarsi della commemorazione dei defunti. Non quindi un Holyween che si contrappone ad Halloween, ma un Holyween che ne accompagna e ne completa il senso. In fondo il martedì grasso di carnevale è il giorno che precede il mercoledì delle ceneri, la quaresima e la Pasqua. Vista così la carnevalata commerciale di Halloween andrebbe recuperata come il preludio della vera festa, quella in cui la vita sconfigge la morte e si assapora la comunione dei Santi di chi contempla il volto glorioso di Dio.

(c) Vito Rizzo 2024

[Articolo pubblicato sul quotidiano Le Cronache di Salerno del 3 novembre 2024]

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