Il 9 gennaio scorso è diventato operativo a tutti gli effetti, per un periodo sperimentale di tre anni, il documento “La formazione dei presbiteri nelle Chiese in Italia. Orientamenti e norme per i seminari”, approvato dalla Conferenza Episcopale Italiana a novembre 2023.
Il testo, approvato dalla Santa Sede, modifica il percorso formativo dei futuri sacerdoti puntando da un lato alla formazione spirituale e teologica e dall’altro al concreto impegno pastorale. Un’esperienza che sappia tradurre in pratica e valutare sul campo l’autentica attitudine dei candidati al ministero sacerdotale. In particolare nel terzo capitolo del documento di descrivono le quattro tappe dell’itinerario formativo proposto, 1 anno propedeutico, 2 + 4 di formazione e un ultimo anno di sintesi vocazionale. Lo stile fondamentale della proposta educativa chiede di investire sugli obiettivi formativi senza scandire i tempi in modo rigido e predefinito, favorendo la personalizzazione dell’itinerario ed evitando il rischio che le tappe si appiattiscano rigidamente agli anni previsti dagli studi teologici e da altri automatismi. Importante inoltre, nel quinto capitolo del documento, l’apertura a una formazione integrale e integrata, coinvolgendo la comunità ecclesiale e dando un diverso protagonismo anche alla figura femminile.
Nel documento grande attenzione è stata posta anche riguardo alla dimensione della sessualità, degli orientamenti sessuali e della scelta del celibato e, conseguentemente, della castità.
È su quest’ultimo aspetto, piuttosto che non sull’orientamento sessuale in sé, che va posta la dovuta attenzione. Il documento chiarisce così anche i termini con cui lo stesso Papa aveva criticato alcune, biasimevoli, dinamiche interne ai Seminari: «La dimensione affettivo-sessuale è un’area di primaria importanza per l’efficacia del ministero presbiterale vissuto in una prospettiva di amore-carità, dono di sé; nella libertà intima e relazionale che nel celibato – secondo la tradizione latina – trova un contesto di particolare fecondità e apertura nelle relazioni con persone, donne e uomini, giovani e anziani, laici, famiglie e consacrate/i, che animano le nostre comunità. L’attuale contesto socio-culturale, insieme a contraddizioni e ambiguità, offre particolari opportunità di crescita più autentica in questo ambito. La libertà con cui si affrontano oggi questi temi è buona premessa perché anche nel contesto della formazione dei candidati al presbiterato ci possano essere frutti di sempre maggiore maturità umana, affettiva, psichica e spirituale» (n.42).
Ecco che allora «durante il discernimento e il percorso formativo, i formatori devono favorire nei candidati uno stile relazionale aperto alla discussione e fondato sulla sincerità. Occorre infatti stimolare il candidato ad una profonda autovalutazione attraverso il confronto con l’altro in un percorso di maturazione finalizzato al raggiungimento di un equilibrio generale che permetta al candidato di prendere sempre più consapevolezza e coscienza di sé, della propria personalità e di tutte le parti che contribuiscono a definirla, compresa quella sessuale e il proprio orientamento, in modo da integrarle e gestirle con sufficiente libertà e serenità, coerentemente con la natura e gli obiettivi propri della vocazione presbiterale» (n.43). Ne consegue che «in relazione alle persone con tendenze omosessuali che si accostano ai Seminari, o che scoprono nel corso della formazione tale situazione, in coerenza con il proprio Magistero, la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità» (n.44). Pertanto «nel processo formativo, quando si fa riferimento a tendenze omosessuali, è anche opportuno non ridurre il discernimento solo a tale aspetto. […] L’obiettivo della formazione del candidato al sacerdozio nell’ambito affettivo-sessuale è la capacità di accogliere come dono, di scegliere liberamente e vivere responsabilmente la castità nel celibato. […] Essere consapevole di ciò è fondamentale e indispensabile per realizzare l’impegno o la vocazione presbiterale» (n.44). Meno ipocrisia e più consapevolezza del dono ricevuto, occorre ripartire seriamente da qui…
(c) Vito Rizzo 2025
[Articolo pubblicato sul quotidiano Le Cronache di Salerno del 19 gennaio 2025]
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