Alle 7.35 di ieri Papa Francesco ha concluso il suo pellegrinaggio terreno. Un pellegrinaggio di Speranza. Una Speranza costruita nello slancio del Concilio Vaticano II, consapevoli che – come ci ha detto chiaramente proprio Bergoglio – «un Concilio per realizzarsi ha bisogno di solito di 100 anni, siamo solo a metà». «Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre» (Eb 13,8), ma la Chiesa, “semper reformanda”, è chiamata a cambiare, a rinnovarsi, per saper parlare e farsi ascoltare dal mondo.
Papa Francesco ha provato a fare questo, a risintonizzare il Vangelo sulle sfide di un’epoca in cui le persone sembrano essere sempre più distratte dai nuovi idoli, padroni del mondo e delle proprie coscienze.
È stato bello che il Papa abbia avuto il tempo di ridonarsi all’abbraccio dei fedeli nella mattinata di Pasqua, dopo settimane vissute a lottare tra la vita e la morte in un letto di ospedale. Circondato dalla preghiera e dall’amore di quanti ne hanno saputo cogliere la grazia profetica a dispetto dei suoi detrattori.
Un Papa venuto «quasi dalla fine del mondo» eppure così dentro le vicende e le piaghe del mondo. Un Papa che ci ha invitato sin da subito a riscoprire la gioia del Vangelo, l’Evangelii gaudium appunto, manifesto programmatico del suo pontificato.
Papa Francesco è il Papa dei gesti spiazzanti: del primo viaggio a Lampedusa e della prima Porta Santa aperta nel cuore dell’Africa, della preghiera isolata in Piazza San Pietro durante il lockdown all’attenzione alle periferie del mondo, dalla lotta al clericalismo a quella – ancor più atroce – verso ogni forma di abuso all’interno della Chiesa, dalla denuncia del genocidio di Gaza, unico tra i leader mondiali, alla difesa della vita e della natura quali espressioni di una comune “cultura del creato” da contrapporre alla “cultura dello scarto”. Il valore profetico della Laudato si’ lo stiamo scoprendo con il passare del tempo e probabilmente lo scopriremo cammin facendo ancora di più, come pure il valore profondo della fratellanza umana come unico rimedio alla barbarie di un mondo in perenne conflitto.
Ha avuto il tempo di commiatarsi offrendo al mondo l’ultima benedizione Urbi et Orbi, quella della domenica di Pasqua: «Cristo è risorto, alleluia! […] L’amore ha vinto l’odio. La luce ha vinto le tenebre. La verità ha vinto la menzogna. Il perdono ha vinto la vendetta. Il male non è scomparso dalla nostra storia, rimarrà fino alla fine, ma non ha più il dominio, non ha più potere su chi accoglie la grazia di questo giorno. […] Quanti sperano in Dio pongono le loro fragili mani nella sua mano grande e forte, si lasciano rialzare e si mettono in cammino: insieme con Gesù risorto diventano pellegrini di speranza, testimoni della vittoria dell’Amore, della potenza disarmata della Vita. Cristo è risorto! In questo annuncio è racchiuso tutto il senso della nostra esistenza, che non è fatta per la morte ma per la vita. La Pasqua è la festa della vita! Dio ci ha creati per la vita e vuole che l’umanità risorga! Ai suoi occhi ogni vita è preziosa! Quella del bambino nel grembo di sua madre, come quella dell’anziano o del malato, considerati in un numero crescente di Paesi come persone da scartare. Quanta volontà di morte vediamo ogni giorno nei tanti conflitti che interessano diverse parti del mondo! Quanta violenza vediamo spesso anche nelle famiglie, nei confronti delle donne o dei bambini! Quanto disprezzo si nutre a volte verso i più deboli, gli emarginati, i migranti! In questo giorno, vorrei che tornassimo a sperare e ad avere fiducia negli altri, anche in chi non ci è vicino o proviene da terre lontane con usi, modi di vivere, idee, costumi diversi da quelli a noi più familiari, poiché siamo tutti figli di Dio! Vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile! Dal Santo Sepolcro, Chiesa della Risurrezione, dove quest’anno la Pasqua è celebrata nello stesso giorno da cattolici e ortodossi, s’irradi la luce della pace su tutta la Terra Santa e sul mondo intero. Sono vicino alle sofferenze dei cristiani in Palestina e in Israele, così come a tutto il popolo israeliano e a tutto il popolo palestinese. Preoccupa il crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo. In pari tempo, il mio pensiero va alla popolazione e in modo particolare alla comunità cristiana di Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria. Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace!».
Fino all’ultimo respiro Papa Francesco è stato apostolo della vita, è stato apostolo della pace.
(c) Vito Rizzo 2025
[Articolo pubblicato sul quotidiano Le Cronache di Salerno del 22 aprile 2025]
Leave a Reply