Il cambio di paradigma che ha coinvolto la Dottrina Sociale della Chiesa sul tema della Pace si deve indubbiamente alla Pacem in Terris di San Giovanni XXIII[1]. È con l’enciclica del 1963 che la Chiesa «inizia ad elaborare l’idea di una “pace positiva”, che non si fondi solamente sull’assenza di guerra, ma che includa la volontà di formare coscienze basate sulle virtù della giustizia e della fraternità tra i popoli»[2]. Ogni guerra, infatti, affermerà il Concilio Vaticano II «è un delitto contro Dio e contro l’intera umanità» (GS80), ma l’impegno dei cristiani non si può limitare a questa denuncia, deve concorrere alla costruzione di condizioni umane che si faccia interprete di una rinnovata Teologia della Pace. San Paolo VI lo spiega legando la pace esteriore a quella interiore, la prima si può costruire soltanto se passa attraverso la pace del cuore di coloro che sono pronti ad operare al suo servizio[3].
Il nuovo nome della Pace è lo sviluppo equilibrato dei popoli e delle nazioni (PP87), è su questo fronte che la Chiesa propone la sua visione profetica. Si deve inoltre a Papa Montini l’inaugurazione nel 1968 della Giornata mondiale della Pace, celebrata il primo gennaio di ogni anno e che offre una traccia per il cammino per «tutti gli uomini di buona volontà»[4]. Nei suoi messaggi San Paolo VI tematizza molti degli stessi accenti che sono stati poi ripresi da Papa Francesco nel suo Magistero: i diritti umani (EG54, EG257), la fratellanza universale[5], la responsabilità degli organismi sovranazionali (EG239, LS164), lo sviluppo sostenibile (EG53), la giustizia sociale (EG59), la difesa della dignità della persona (EG60) e della vita umana (LS120), i processi autentici di riconciliazione (EG238, EG242, EG250).
Dando un tema ogni anno alla Giornata della Pace San Paolo VI ha quindi offerto degli spunti validi allora come oggi. La Pace è innanzi tutto promozione dei diritti umani (1 gennaio 1969)[6], ma è anche frutto di un cammino di riconciliazione a cui educare l’umanità (1 gennaio 1970)[7]; la pace deve fondarsi sul riconoscimento della fratellanza umana educando «le nuove generazioni alla convinzione che ogni uomo è nostro fratello»[8] (1 gennaio 1971); costruendo una nuova e più ampia idea di giustizia (1 gennaio 1972) [9].
Altra consapevolezza della quale la Chiesa si è fatta sempre più fautrice è l’idea che la pace debba passare attraverso l’azione degli organismi internazionali (1 gennaio 1973)[10].
Un processo che è istituzionale ma anche individuale, come crescita di una coscienza collettiva (1 gennaio 1974)[11], che parte dalla riconciliazione con se stessi per giungere alla riconciliazione con gli altri (1 gennaio 1975)[12], «armi morali» da contrapporre alle armi militari (1 gennaio 1976)[13].
Ma la Pace non può costruirsi nel cuore dell’uomo se non partendo dalla difesa della sacralità della vita perché «La Vita è il vertice della Pace» (1 gennaio 1977)[14]. Tutti temi, questi, che ritornano con forza nell’idea proposta da Papa Francesco nella Laudato si’ di un’ecologia integrale, presupposto di un autentico umanesimo e di uno sviluppo foriero di pace.
Un messaggio di speranza, un processo secondo la logica che il tempo è superiore allo spazio (EG223, LS178) e che San Paolo VI aveva profeticamente intuito, tanto da dedicare il suo ultimo messaggio per la Giornata della Pace ai giovani, un autentico testamento spirituale: «Noi pensiamo che voi ragazzi, diventando grandi, dovete cambiare la maniera di pensare e di agire del mondo d’oggi, che è sempre pronto a distinguersi, a separarsi dagli altri, a combatterli: non siamo tutti fratelli? non siamo tutti membri della stessa famiglia umana? e non sono tutte le Nazioni obbligate ad andare d’accordo, a creare la Pace?»[15]
È in questo quadro, quindi, che si inserisce anche la prospettiva della Fratelli tutti che in quanto “enciclica sociale” si inserisce a pieno titolo quale fonte magisteriale della Dottrina Sociale della Chiesa. Una pace da costruire sulla fraternità universale, una pace della quale prendersi cura: «La pace sociale è laboriosa, artigianale. […] Quello che conta è avviare processi di incontro, processi che possano costruire un popolo capace di raccogliere le differenze. Armiamo i nostri figli con le armi del dialogo! Insegniamo loro la buona battaglia dell’incontro!» (FT 217)
Di qui la scelta di Francesco di declinare il messaggio per la pace del 1° gennaio 2021 sul valore della cura «in questo tempo, nel quale la barca dell’umanità, scossa dalla tempesta della crisi, procede faticosamente in cerca di un orizzonte più calmo e sereno, il timone della dignità della persona umana e la “bussola” dei principi sociali fondamentali ci possono permettere di navigare con una rotta sicura e comune. Come cristiani, teniamo lo sguardo rivolto alla Vergine Maria, Stella del mare e Madre della speranza. Tutti insieme collaboriamo per avanzare verso un nuovo orizzonte di amore e di pace, di fraternità e di solidarietà, di sostegno vicendevole e di accoglienza reciproca. Non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli, non abituiamoci a voltare lo sguardo, ma impegniamoci ogni giorno concretamente per “formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri”»[16].
(c) Vito Rizzo 2021
[1] Nei primi due millenni della storia della Chiesa il tema della pace è stato affrontato in stretta connessione con quello, alternativo, della giustificazione della guerra. Partendo dal presupposto che nessuna giustificazione alla guerra può essere trovata nel Vangelo, la Chiesa si è interrogata storicamente sulle condizioni che possono “giustificare” il ricorso alla forza. Fino alla presa di posizione radicale della seconda metà del ‘900, i riferimenti sono stati dapprima Sant’Agostino (VI sec.) e poi San Tommaso (XIV sec.). In sintesi, perché si possa parlare di bellum iustum sono necessarie quattro condizioni: l’auctoritas principis, la iusta causa, la recta intentio, la ratio proportionata.
[2] F.Occhetta, La pace nel pensiero dei papi del novecento, La Civiltà Cattolica 2010 IV, 542
[3] Cf. Ibidem, 546
[4] Paolo VI, Messaggio per la I Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 1967
[5] Francesco – Ahmad Al-Tayyeb, Documento sulla Fratellanza umana, 4 febbraio 2019
[6] Paolo VI, Messaggio per la II Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 1968: «Là dove non vi è rispetto, difesa, promozione dei Diritti dell’Uomo, – là dove si fa violenza, o frode alle sue inalienabili libertà, dove si ignora o si degrada la sua personalità, dove si esercitano la discriminazione, lo schiavismo, l’intolleranza, – non vi può essere vera Pace».
[7] Paolo VI, Messaggio per la III Giornata Mondiale della Pace, 30 novembre 1969: «la pace deve gradualmente, e subito, se possibile, sostituire la fortezza morale alla forza brutale».
[8] Paolo VI, Messaggio per la IV Giornata Mondiale della Pace, 14 novembre 1970
[9] Paolo VI, Messaggio per la V Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 1971: «La giustizia non è fenomeno semplicemente individuale, né riservato a gruppi scelti e ristretti; è fenomeno ormai collettivo, universale; i Paesi in via di sviluppo lo gridano ad alta voce; è voce di Popoli, voce dell’umanità; essa reclama una nuova espressione della Giustizia, una nuova base della Pace»
[10] Paolo VI, Messaggio per la VI Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 1972: «la pace dev’essere razionale, non passionale, magnanima, non egoista; la pace dev’essere non inerte e passiva, ma dinamica, attiva e progressiva a seconda che giuste esigenze dei dichiarati ed equanimi diritti dell’uomo ne reclamano nuove e migliori espressioni».
[11] Paolo VI, Messaggio per la VII Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 1973: «la Pace vive delle adesioni, sia pure singole ed anonime, che le persone le danno».
[12] Paolo VI, Messaggio per l’VIII Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 1974: «la Pace tanto vale quanto, prima d’essere esteriore, mira ad essere interiore. Bisogna disarmare gli spiriti, se vogliamo impedire efficacemente il ricorso alle armi che colpiscono i corpi. Bisogna dare alla Pace, cioè agli uomini tutti, le radici spirituali d’una comune forma di pensare e di amare».
[13] Paolo VI, Messaggio per la IX Giornata Mondiale della Pace, 18 ottobre 1975
[14] Paolo VI, Messaggio per la X Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 1976. Come chiarisce Papa Montini nel suo messaggio «Se la logica del nostro operare parte dalla sacralità della Vita, la guerra, come mezzo normale e abituale per l’affermazione del diritto e quindi della Pace, è virtualmente squalificata». La Pace è la felice celebrazione della Vita, pertanto «non è solo la guerra che uccide la Pace. Ogni delitto contro la Vita è un attentato contro la Pace, specialmente se esso intacca il costume del Popolo, come spesso diventa oggi con orrenda e talora legale facilità la soppressione della Vita nascente, con l’aborto».
[15] Paolo VI, Messaggio per la XI Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 1977.
[16] Francesco, Messaggio per la LIV Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 2020.
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