Nei tre giorni che vanno dalla celebrazione “in Coena Domini” alla Pasqua la Chiesa vive la dimensione
dell’incontro tra il tempo storico e il tempo eterno. Si vive in questa apparente “sospensione” del tempo
l’apertura di quello squarcio tra il sacro e il pofano che consente al tempo di Dio di entrare nella storia, in
quella di 2000 anni fa e in quella di oggi. Una celebrazione che dura tre giorni, inizia con il Giovedì Santo in
cui Gesù ha istituito la celebrazione eucaristica e il servizio ministeriale, per poi essere tradito e consegnato
nella notte della preghiera nell’orto del Getsemani, torturato, deriso, lapidato, “incoronato” di spine.
Condannato con un processo farsa e crocifisso dopo una Via Crucis nella mattinata del Venerdì Santo per
poi consegnare lo spirito sulla croce alle tre del pomeriggio dello stesso giorno. La Chiesa vive quindi questa
“sospensione” del Mistero Pasquale fino alla Veglia del Sabato Santo che apre alla festa della luce del
Signore Risorto. In particolare nella Veglia pasquale si fa esperienza di purificazione, della missione e della
contemplazione della vittoria della Vita sulla morte, dal buio alle tenebre, con il rituale del fuoco benedetto
sul sagrato e dell’acqua che viene benedetta proprio mediante l’intingimento nel fonte battesimale del cero
pasquale precedentemente accesso.
Nella notte di Pasqua riassaporiamo il senso della storia, il senso di un cammino, che l’uomo ha fatto per
imparare a conoscere e ri-conoscere Dio. Dalla creazione del mondo e dell’essere umano (”maschio e
femmina li creò”), alla scelta di Abramo di affidarsi al Signore anche di fronte alla richiesta del sacrificio di
suo figlio Isacco al passaggio del Mar Rosso da parte degli ebrei guidati da Mosè, alle profezie di Isaia, Baruc
ed Ezechiele, passando per le preghiere del popolo raccolte nei Salmi. Un essere presente di Dio nella storia
accanto al popolo nonostante i suoi tradimenti e i suoi cedimenti fino al compimento in Gesù Cristo; nella
sua passione, morte e risurrezione. È nella Risurrezione che tutto acquista senso, un senso pieno.
Un’unica celebrazione dal giovedì alla notte tra Sabato e Domenica, in cui si vive la piena realizzazione nel
tempo eterno del senso della storia. Ecco perché la Pasqua è centrale nella vita stessa di ogni cristiano; è il
cuore della fede ed è l’evento che dà senso non soltanto alla vita terrena di Gesù (a partire dalla sua
incarnazione), ma anche alla sua Passione e Morte. Senza la Pasqua non avrebbero senso né la prima, né la
seconda, né la terza. Senza la Pasqua non avrebbe senso né la nostra nascita alla vita, né le nostre vicende
umane, fatte di gioie e sofferenze, né la nostra stessa morte, destino ineluttabile di ogni esistenza e che
soltanto l’apertura di quello squarcio tra il tempo terreno e il tempo eterno riesce a spiegare. Ne è la
ragione di senso.
Ecco perché, come non manca mai di sottolineare anche il Papa, la Pasqua resta il segno più eloquente
della speranza che abita il mondo. Anche in un mondo dilaniato dall’odio, dai conflitti, dalle guerre, dai
soprusi, dalle ingiustizie, la Pasqua è l’apertura a un destino diverso, “altro”, che l’uomo da solo non
sarebbe in grado di intravedere, di costruire, di perseguire.
Ecco allora “perché” la Pasqua. Non una rincorsa alle uova e alle colombe artigianali. Non una pausa dal
lavoro di routine aspettando la gita fuori porta di pasquetta. Non una data in rosso segnata sul calendario
da vivere con abitudinaria distrazione. Fermarsi, a Pasqua, per imparare a passare oltre. È forse questo ciò
di cui abbiamo smesso di cogliere il senso.
(c) Vito Rizzo 2024
[Articolo pubblicato sul quotidiano Le Cronache di Salerno del 31 marzo 2024]
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