APRITE QUELLA PORTA!

La nostra società è sempre più invasa da messaggi negativi, di insicurezza, di paura. L’horror e il crime sono due tra i generi più seguiti per film e serie tv, anche con canali dedicati. L’antesignano, tanto da essere diventato un evocativo modo di dire, è il film di Tobe Hooper del 1974 dal titolo “Non aprite quella porta”. Un’espressione che rinvia a tutto il male che si può trovare al di là di quell’uscio inesplorato. Una strana premessa per parlare, invece, di una porta che presto sarà aperta, e per le ragioni opposte rispetto a quella che la paura ci invita a tenere chiusa. È la Porta Santa del Giubileo che Papa Francesco aprirà proprio nella Vigilia di Natale e che domenica 29 sarà “replicata” nelle Chiese giubilari diocesane.

Proprio questa porta è il segno di speranza che siamo invitati a cogliere per iniziare un cammino di riscoperta di noi stessi, della nostra relazione con Dio e con gli altri, in altri termini un cammino di conversione. È questa la porta oltre la quale non c’è la paura ma il coraggio, non c’è il dolore ma la consolazione, non c’è la disperazione ma la speranza, non c’è la morte ma la vita.

Ecco allora perché è bene riflettere sul valore della porta, dell’uscio, dell’attraversare uno spazio tra il fuori e il dentro. E se il mondo ci bombarda continuamente di modelli culturali dove a farla da padrone è la paura, la Chiesa si invita a fare una scelta opposta.

“Non abbiate paura!”. Quante volte abbiamo sentito riecheggiare questo invito tra le pagine del Vangelo. Il Santo Papa Giovanni Paolo II aggiungeva: “Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo”. Papa Francesco ci aprirà quella porta, proprio per invitarci a camminare verso l’incontro con Gesù. Il passaggio simbolico di una porta aperta è l’invito ad attraversarla per aprire la porta del nostro cuore. Pellegrini di speranza, è questo il titolo di questo anno giubilare. Un anno che cade nel bel mezzo di una fase dell’umanità in cui le persone si sentono spesso smarrite, svuotate, in balia della frenesia di ritmi quotidiani sempre più insostenibili. L’anno giubilare ci invita a fermarci, a sostare, per metterci in cammino… Non è un ossimoro. Siamo chiamati a fermarci con noi stessi per lasciare entrare Dio nella nostra vita. Siamo invitati a rallentare per tornare a riassaporare il gusto delle cose semplici, delle relazioni, dell’ascolto. Siamo invitati a non correre in maniera sfrenata in balìa dei venti di tempesta che soffiano nel mondo, ma a metterci in cammino verso una meta, verso un senso, che ci aiuti a riscoprirsi di nuovo “umani”.

Come ha messo in evidenza Papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo dall’inequivocabile titolo Spes non confundit (la speranza non delude) «Siamo ormai abituati a volere tutto e subito, in un mondo dove la fretta è diventata una costante. Non si ha più il tempo per incontrarsi e spesso anche nelle famiglie diventa difficile trovarsi insieme e parlare con calma». Per coltivare la speranza occorre recuperare una virtù troppo spesso dimenticata, la pazienza: «la pazienza è stata messa in fuga dalla fretta, recando un grave danno alle persone. Subentrano infatti l’insofferenza, il nervosismo, a volte la violenza gratuita, che generano insoddisfazione e chiusura» anche perché «nell’epoca di internet dove lo spazio e il tempo sono soppiantati dal “qui ed ora”, la pazienza non è di casa».

Dobbiamo riscoprire il coraggio della pazienza, il coraggio del cammino, il coraggio di varcare quella porta che ci apre alla contemplazione del nostro essere un tutt’uno con il creato, di essere un tutt’uno con il Creatore. Il cammino giubilare ci apre proprio alla bellezza di questa riscoperta. E allora sì: “aprite quella porta”, a noi il compito di attraversarla, mettendo nello zaino del pellegrino le paure e le speranze, le gioie e le angosce, gli slanci e le resistenze. In altri termini, in questo zaino, siamo chiamati a mettere la nostra vita.

(c) Vito Rizzo 2024

[Articolo pubblicato sul quotidiano Le Cronache di Salerno del 22 dicembre 2024]

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