La condizione di profonda fragilità in cui si trova da alcune settimane Papa Francesco, confermata anche dall’affaticata voce con cui ha voluto ringraziare quanti lo stanno sostenendo incessantemente con la preghiera, ha reso le sue parole, scritte per l’inizio della Quaresima ancora più autentiche e attuali. Nell’omelia preparata dal Santo Padre per il Mercoledì delle Ceneri ha legato profondamente il tema della caducità delle ceneri a quello della speranza cristiana che accompagna anche il cammino giubilare. Il Papa ci invita innanzitutto a fare memoria, a guardarci dentro. Il periodo di Quaresima è un cammino che serve proprio a questo, di qui il rito profondamente simbolico delle ceneri che: «ci aiutano a fare memoria della fragilità e della pochezza della nostra vita: siamo polvere, dalla polvere siamo stati creati e in polvere ritorneremo. E sono tanti i momenti in cui, guardando la nostra vita personale o la realtà che ci circonda, ci accorgiamo che “è solo un soffio ogni uomo che vive […] come un soffio si affanna, accumula e non sa chi raccolga” (Sal 39,7)».
Pensare che Papa Francesco abbia scritto queste riflessioni da un letto d’ospedale, con la difficoltà che prova anche solo a respirare, ci fa capire come da questi momenti si possa scorgere una grazia particolare che apre a una consapevolezza e a una comprensione della stessa bellezza della presenza di Gesù. Lo si vive nelle diverse situazioni della vita dove l’idea del Super-Uomo che spesso ci ammalia viene messa fortemente in discussione. Occorre riassaporare il senso vero della vita, del bene, delle relazioni: «nonostante le maschere che indossiamo e gli artifizi spesso creati ad arte per distrarci, le ceneri ci ricordano chi siamo. Questo ci fa bene. Ci ridimensiona, spunta le asprezze dei nostri narcisismi, ci riporta alla realtà, ci rende più umili e disponibili gli uni verso gli altri: nessuno di noi è Dio, siamo tutti in cammino».
Oggi più che mai queste considerazioni ci aiutano a vivere con consapevolezza il cammino giubilare. Il papa ci invita a non fuggire dalle nostre fragilità, quelle fragilità «che sperimentiamo nelle nostre stanchezze, nelle debolezze con cui dobbiamo fare i conti, nelle paure che ci abitano, nei fallimenti che ci bruciano dentro, nella caducità dei nostri sogni, nel constatare come siano effimere le cose che possediamo. Fatti di cenere e di terra, tocchiamo con mano la fragilità nell’esperienza della malattia, nella povertà, nella sofferenza che a volte piomba improvvisa su di noi e sulle nostre famiglie».
Ecco che allora il letto d’ospedale di Papa Francesco diventa esempio e modello di quella brandina che ciascuno di noi anela in quell’ospedale da campo molto spesso evocato come modello per la Chiesa. È questo lo spirito con cui affrontare questo tempo di Quaresima, facendosi Pellegrini di Speranza.
È in fondo questo l’invito che ci rivolge il Santo Padre: «con la cenere sul capo camminiamo verso la speranza della Pasqua. Convertiamoci a Dio, ritorniamo a Lui con tutto il cuore (cfr. Gl 2,12), rimettiamo Lui al centro della nostra vita, perché la memoria di ciò che siamo – fragili e mortali come cenere sparsa nel vento – sia finalmente illuminata dalla speranza del Risorto. E orientiamo verso di Lui la nostra vita, diventando segno di speranza per il mondo: impariamo dall’elemosina a uscire da noi stessi per condividere i bisogni gli uni degli altri e nutrire la speranza di un mondo più giusto; impariamo dalla preghiera a scoprirci bisognosi di Dio o, come diceva Jacques Maritain “mendicanti del cielo”, per nutrire la speranza che dentro le nostre fragilità e alla fine del nostro pellegrinaggio terreno ci aspetta un Padre con le braccia aperte; impariamo dal digiuno che non viviamo soltanto per soddisfare i nostri bisogni, ma che abbiamo fame di amore e di verità, e solo l’amore di Dio e tra di noi riesce davvero a saziarci e a farci sperare in un futuro migliore».©
Vito Rizzo 2025
[Articolo pubblicato sul quotidiano Le Cronache di Salerno del 9 marzo 2025]
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