In giorni in cui il dibattito politico ha rimesso al centro la questione del suicidio assistito, tra un parlamento inerte e regioni che forzano le indicazioni della Corte costituzionale, ricorre il trentesimo anniversario del manifesto sul tema scritto da Giovanni Paolo II, l’Evangelium vitae. Tra i primi passaggi dell’Enciclica si legge in maniera puntuale: «La Chiesa sa che questo Vangelo della vita, consegnatole dal suo Signore, ha un’eco profonda e persuasiva nel cuore di ogni persona, credente e anche non credente, perché esso, mentre ne supera infinitamente le attese, vi corrisponde in modo sorprendente. Pur tra difficoltà e incertezze, ogni uomo sinceramente aperto alla verità e al bene, con la luce della ragione e non senza il segreto influsso della grazia, può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore (cf. Rm 2, 14-15) il valore sacro della vita umana dal primo inizio fino al suo termine, e ad affermare il diritto di ogni essere umano a vedere sommamente rispettato questo suo bene primario. Sul riconoscimento di tale diritto si fonda l’umana convivenza e la stessa comunità politica. Questo diritto devono, in modo particolare, difendere e promuovere i credenti in Cristo».
La consapevolezza del valore inviolabile della vita, dal suo inizio al suo naturale compimento, è qualcosa che alberga nel cuore dell’uomo, della sua coscienza, che non a caso la Gaudium et Spes, una pietra miliare del Concilio Vaticano II, ebbe a definire autentico «sacrario dell’uomo» (GS 16).
Uno spazio in cui Dio parla a ciascuna persona, credente o non credente. È questa la ragione per cui i cultori del relativismo cercano di dettare un’agenda al dibattito pubblico nella quale la sacralità (laica) della vita venga derubricata a scelta di opportunità, se non – come nel caso dell’aborto – di mera convenienza.
L’Evangelium vitae aiuta a riportare la discussione nella giusta prospettiva: la vita è un valore inviolabile ed è compito della comunità e delle stesse Istituzioni legislative preservarla nella sua piena realizzazione e nella sua dignità. Eppure «tutto è connesso», come ci ha detto Papa Francesco nella Laudato si’.
In una logica di dignità umana integrale, che andrebbe sempre preservata senza subire il fascino della propaganda ideologica, l’Evangelium vitae invita a «concentrarsi, in particolare, su un altro genere di attentati, concernenti la vita nascente e terminale, che presentano caratteri nuovi rispetto al passato e sollevano problemi di singolare gravità per il fatto che tendono a perdere, nella coscienza collettiva, il carattere di “delitto” e ad assumere paradossalmente quello del “diritto”, al punto che se ne pretende un vero e proprio riconoscimento legale da parte dello Stato e la successiva esecuzione mediante l’intervento gratuito degli stessi operatori sanitari. Tali attentati colpiscono la vita umana in situazioni di massima precarietà, quando è priva di ogni capacità di difesa» (EV 11).
È significativa l’attualità di questa preoccupazione. L’assuefazione culturale è frutto di trent’anni di propaganda da parte del “pensiero unico”: mischiare le carte e confondere il “delitto” con il “diritto”.
È così per l’aborto, soluzione “comoda” per uno Stato che non intende farsi carico delle condizioni di disagio disattendendo tutta la prima parte della legge 194/78 e denunciando come una violazione di un diritto della donna la volontà (e l’incapacità) di sostenere azioni concrete a sostegno della vita nascente.
Come pure appare più comodo favorire una cultura della soppressione della vita quando la stessa non è più produttiva, utile, funzionale; “quando non è degna di essere vissuta”; più economico che farsi carico delle spese per le cure palliative che accompagnano il paziente e i familiari salvaguardando – fino alla fine – la bellezza e la dignità della vita, di ciascuna vita. L’Evangelium vitae è scomoda perché smaschera tutte queste ipocrisie e la loro stessa vigliaccheria, perché – come evidenziato – «tali attentati colpiscono la vita umana in situazioni di massima precarietà, quando è priva di ogni capacità di difesa».
(c) Vito Rizzo 2025
[Articolo pubblicato sul quotidiano Le Cronache di Salerno del 30 marzo 2025]
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